Ex Province al voto, dopo undici proroghe dei commissari il Consiglio dei ministri impugna legge Ars
Il Libero Consorzio di Siracusa potrebbe avere la sovranità popolare e la Regione indire regolari elezioni in Sicilia. Il CdM impugna la legge dell’Ars che prevede l’ennesimo rinvio: «Violati i principi di democraticità di cui all’articolo 1 comma primo della Costituzione».
«Il reiterato rinvio delle elezioni» nei Liberi Consorzi e nelle tre Città metropolitane di Palermo, Messina e Catania e le conseguenti proroghe dei commissariamenti violano i principi di democraticità di cui all’articolo 1, comma primo della Costituzione, in quanto i referendum e le elezioni (ancorché indirette) rappresentano il momento più alto di manifestazione della sovranità popolare e contrastano altresì con gli artt. 5 e 114, in quanto l’autonomia e la rappresentatività degli enti commissariati sono svuotate da un commissariamento – di fatto – sine die». È quanto si legge nell’impugnativa da parte del Consiglio dei ministri di alcune norme contenute nella legge di variazione del bilancio della Regione Siciliana, approvata dall’Ars il 4 agosto prima della pausa estiva.
Per il Consiglio dei ministri «si porrebbero inoltre in contrasto con il principio di ragionevolezza desumibile dall’art. 3 della Costituzione», perché «la situazione di eccezionalità che poteva giustificare, nell’immediatezza dell’entrata in vigore della disciplina di riforma, la proroga originariamente disposta non può infatti porsi come plausibile ragione giustificativa delle successive 10 proroghe che si sono susseguite in un arco temporale di sei anni, ciò che stabilizza l’eccezionalità oltre ogni ragionevole limite».
«Inoltre – si legge nell’impugnativa – il legislatore siciliano non terrebbe conto della giurisprudenza costituzionale (sentenza costituzionale n. 168/2018) secondo cui l’art. 114 Cost., nel richiamare al proprio interno, per la prima volta, l’ente territoriale Città metropolitana, ha imposto alla Repubblica il dovere di istituirlo concretamente. Né del resto il nuovo ente potrebbe avere disciplina e struttura diversificate da Regione a Regione, nel presupposto di livelli di governo di disciplina uniforme, con riferimento agli aspetti essenziali (sentenza costituzionale n. 50/2015).
Nell’impugnativa il CdM ricorda che “dal 2015 ad oggi, la Regione ha rinviato ben undici volte le elezioni degli organi dei liberi Consorzi comunali e delle Citta’ metropolitane prorogando contemporaneamente la gestione commissariale degli enti di area vasta.
La Corte Cost., con la sentenza n. 240 del 7 dicembre 2021 (redattore Stefano Petitti), interviene per allarmare il legislatore (quello che dovrebbe scrivere le leggi) affinché sia assicurata la libertà di voto, espressione compiuta delle democrazie evolute dove, a fianco della separazione dei poteri e non della loro concentrazione (diversamente saremo di fronte ad un regime) la rappresentanza degli Enti esponenziali delle Comunità (quelle territoriali) avviene previa elezione da parte del corpo elettorale: il popolo.
In termini più diretti, l’elezione attuale (come definita dalla riforma degli “Enti di area vasta”) dei Sindaci delle Città metropolitane (enti di secondo livello) è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto (attiene ai diritti politici e, segnatamente di elettorato attivo) e pregiudica la responsabilità politica del vertice nominato (con elezioni di secondo grado, ossia da parte degli amministratori locali eletti o automaticamente coincidente per legge, ovvero il Sindaco metropolitano risulta «di diritto» il Sindaco del Comune capoluogo) nei confronti degli elettori: è necessario assicurare ai cittadini la possibilità di esprimere, in via diretta o indiretta, i propri rappresentanti: la persistenza di questo sistema risulta «del tutto ingiustificato».
Nel comunicato del 7 dicembre 2021, dell’Ufficio stampa della Corte Cost., si legge che «l’attuale disciplina sui sindaci delle Città metropolitane è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto e pregiudica la responsabilità politica del vertice dell’ente nei confronti degli elettori. Spetta però al Legislatore, e non alla Corte costituzionale, introdurre norme che assicurino ai cittadini la possibilità di eleggere, in via diretta o indiretta, i sindaci delle Città metropolitane».
In definitiva, senza accusare oltre, perché si possa definire un “ordine democratico” i requisiti minimi sono:
amministratori eletti;
libere, eque e frequenti votazioni;
libertà di espressione e libertà di stampa;
accesso a fonti alternative di informazione;
autonomia associativa e libertà civili.