Gianni e le minacce alle aziende «Se non assumete chi dico io vi mando i controlli»

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«Se devo rompere i coglioni io ce la faccio». Dove per «rompere i coglioni» vuole dire semplicemente fare i controlli. E’ quello che emerge dalle intercettazioni come il sindaco Gianni abbia più volte chiesto ai dirigenti di Eni e Sonatrach assunzioni minacciando in caso di fare i controlli ambientali (che invece si sarebbero dovuti avviare a prescindere, chiaramente): tanto che proprio per le mancate assunzioni richieste, Gianni ha inviato un giorno il capo dei vigili urbani di Priolo nel polo. E lì il capo dei vigili urbani non si era mai visto.

Il sindaco chiedeva assunzioni, in cambio prometteva di chiudere un occhio sui controlli ambientali nel polo petrolchimico più grande d’Italia e tra i principali d’Europa. La minaccia era sempre la stessa ai dirigenti dell’Eni e della Sonatrach, le due grandi multinazionali che insieme alla Sasol hanno impianti nel polo di Siracusa:

L’ordinanza di custodia cautelare si compone di un centinaio di pagine, conversazioni intercettate dai poliziotti e dai militari della guardia di finanza, in cui Gianni dialoga con dirigenti di grandi aziende del polo petrolchimico cui avrebbe fatto specifiche richieste e, in caso di risposte negative, prospettava controlli stringenti. In una delle conversazioni, Gianni chiarisce: “Io non ho interesse di nessun tipo, non mi devo arricchire, non ho figli, parenti, cugini, nipoti”. Se per la difesa dimostrerebbe che Pippo Gianni non abbia mai chiesto nulla per sé ma avrebbe agito per aiutare la collettività e, in particolare, i disoccupati priolesi, per la Procura di Siracusa «costituisce uno strumento ordinario di azione dell’indagato che non teme di lanciare avvertimenti espliciti a coloro che mostrano difficoltà nell’accontentarlo».

C’è forse la vera spiegazione del perché in questo polo negli ultimi quarant’anni, secondo un’altra indagine della procura di Siracusa guidata da Sabrina Gambino raccontata nei dettagli da L’Espresso, è andato in scena un grave disastro ambientale con compromissione di aria e mare: il tutto perché semplicemente il depuratore pubblico (gestito in maggioranza dai Comuni di Melilli, Siracusa, Priolo e dalla Regione) del più grande polo petrolchimico del Paese non ha mai funzionato per i fanghi e i reflui industriali.

La società di gestione del depuratore, Industrie acque siracusane (Ias) è in mano alla Regione e ai Comuni del comprensorio: tanto che l’attuale presidente è, si legge nelle carte dell’inchiesta su Gianni, vicina proprio a quest’ultimo. Non a caso intercettata la presidente dice a Gianni: «Eseguo quello che dici tu».




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